SMALL FINS TEST

Small Fin test – By Paolo Cabrina

Nel windsurf , le pinne hanno sempre avuto un ruolo fondamentale sin dai tempi in cui una singola pinna poteva determinare un risultato in gara (vedi Football fin o le Toucan), ed anche i materiali nel tempo si sono evoluti in maniera incredibile. Agli albori erano le plastiche (almeno nella grande distribuzione) a fare la voce grossa, e solo in pochi potevano vantare pinne in Vetroresina (io ne ho avute anche in metallo credo nell’1987/88), ma l’avvento di tavole custom con materiali come Clark Foam ed Epoxy, l’alleggerimento di tutto il complesso, e la crescita esponenziale delle velocità hanno reso praticamente obsoleti materiali plastici (riservati alle tavole scuola). Tutto ciò ha spinto gli shapers e i Fins maker nel tempo a evolvere i punti di vista tradizionale e sperimentare nelle varie combinazioni, per vincere quello che ai tempi era il “first enemy” lo spin out.

Non tutti hanno indovinato in maniera lungimirante la giusta direzione, ma “the more you’ll try, the best you get” diceva sempre Alan Cadiz, e le varie discipline del windsurf (tutte molto tecniche) hanno provato pinne con caratteristiche e materiali diversi.
Avendo attraversato (dal 1978) quasi tutte le fasi del windsurf, ed essendo sempre rimasto fortemente Addicted – no matter works, study or family – allo sport che amo, anche io nel mio piccolo (che faccio solo wave o al più freemove) ne ho testate e provate tantissime, alcune onestamente poco più che indecorose, tra queste qualcuna che realizzai io con risultati (quelli si 🙂 vergognosi, forse per quello preferisco comprarle..
In epoca moderna, la grande distribuzione produce essenzialmente in pochi paesi asiatici, sotto i marchi più famosi e comunque con risultati già molto buoni. Sono alcuni anni che uso pinne di derivazione aeronautica tedesche-hawaiiane Maui Ultra (dopo aver usato tanto le tradizionali – Angulo -North shore -Select – MFC- K4) e devo dire per il mio livello e la mia sensibilità, mi sono trovato bene senza particolari problemi soprattutto in tema di anticipo planata, direzionalità e resistenza allo spin out (ridotto praticamente a 0). A fine novembre scorso (autunno straordinario sulle coste laziali) ho rotto ben due pinne sulle rocce, e malgrado carta vetrata, prove di riparazioni (miseramente fallite) e marchingegni vari mi sono trovato senza la pinna centrale del mio thruster (18.5) ed ho dovuto attrezzarmi sulla pinna che il mio 92 montava di serie una 21 francamente inusabile in assetto wave. Non ero intenzionato a comprare il set nuovo, e mi guardavo intorno per acquistare la pinna identica alla mia (soluzione più ovvia), non disdegnando offerte di usato ove ce ne fossero state di decenti. Sento l’amico Paolo De Angelis aka Mr Windspirit (al secolo l’arch. Paolo De Angelis) con cui ho un rapporto di amicizia da anni, anche perché condividiamo una vita da professionisti (direi da Mediani per dirla alla Ligabue), moglie, figli, e passione sconfinata per le onde, e poiché so che ama testare, e ha sempre qualche pinna test, gli chiedo appunto aiuto. Mi dice che forse ha una K4 test nella sacca (che andrebbe perfetta alla bisogna) ma dopo ricerche la stessa non si trova (forse prestata senza ritorno ad un amico). A Paolo (che ha i miei gusti in tema) lamento una eccessiva rigidità in curva delle mie pinne (a tratti un po faticose) ed anche un peso (tipico del G10) non proprio da record…Paolo mi dice che ha appena ordinato dal suo Fin/Shaper Diego Irrera (Irom Boards Custom Diego ) un set thruster di misure interessanti per il mio peso/tavola (18.5 centrale e 10 laterali) che a suo dire hanno proprio le caratteristiche da me ricercate, e con la mia preghiera di privarsene (dopo aver riletto il suo test di un paio di anni fa), la scusa di un test laziale, e la promessa di parere/consiglio legale “nummo uno” come dicono i latini (aggratis direbbero a Roma) glielo sottraggo con mia somma gioia!
OSSERVAZIONI
Al solito, mi faccio consegnare il pacco a studio, ed appena arrivate ad imballo chiuso, ho la sensazione che ci siamo capiti male, e che non ci sia un set thruster, ma solo una pinna per l’estrema leggerezza.
Ma aperto lo stesso resto basito dall’osservare tre pinne non solo di leggerezza inusitata, ma interamente full carbon, di straordinaria foggia e con il tipico aspetto del prodotto “custom made” e tanto di polvere di carbonio che attesta la lavorazione sottile. Non resisto cmq e le peso con bilancino di precisione, e il set thruster registra una differenza di peso di 98 grammi rispetto alle mie tre vecchie pinne, di per se già notevole. Le pinne hanno un moderato rake, un profilo estremamente sottile (e questo mi esalta, ma un po mi induce a pensare che dovrò rinunciare al mio spunto iniziale), ma soprattutto, e direi incredibilmente, un flex assurdo per quanto si vede in giro. Tale circostanza vale ancor di più se solo si pensi la difficoltà di lavorare un materiale come il carbonio, di per sè rigido e quindi per definizione poco malleabile. Paolo mi spiega che con Diego ha parlato a lungo spiegandogli bene quale caratteristiche cerca in una pinna, e Diego da maestro qual’è, non ha faticato molto a trovare la soluzione.

PROVA IN ACQUA
Ed è stato amore alla prima planata!
Come tutte le pinne veramente custom, qualche energico colpo di carta vetrata per far entrare (ma solo nella scassa US box) la pinna centrale, e che testimonia come il materiale ci sia eccome.
Fare un FINS test non è semplice e necessità di svariate uscite in condizioni diverse, anche avendo una discreta sensibilità. Ho provato le pinne in tre spots (5.3 -e 4.7 mq) abbastanza diversi e sia in condizioni flat water o con onda piccola e media mura a sinistra (spot Campeggio e Punta a Civitavecchia), che con vento teso e onde medie 1-3 mt (Foce Verde, spot Cancun) con le classiche starboard tack side conditions. La mia paura di perdere lo spunto iniziale si rivela null’altro che una mera fobia a secco, la mia tavola grande wave (il 92 firewave) vola come (se non meglio) di quanto faceva in precedenza, e la tavola (forse per lo spessore ridottissimo delle stesse) sembra molto, molto più veloce. Anche la risalita del vento non sembra variata di molto, quello che invece mi sembra evoluto è un feeling di molta leggerezza sulle gambe, che non affatica affatto le gambe, e rende l’uscita più leggera e comoda anche in soprainvelatura.
Ma è in surfata che arriva il vero PLUS di queste pinne…le curve a piena velocità e i Bottoms turn sono più controllabili, ed all’atto di invertire la curva si apprezza il flex notevole (notare video) che permette di slashare in pieno controllo, sicuramente perdonando il leggero surplus di soprainvelatura, che viene meno solo quando i limiti delle tavola vengono fuori rispetto alle condizioni hard di Latina.
Decisamente conquistato da quanto con sapienti mani realizzato da Diego Irrera (che ringrazio pubblicamente e che contatterò per equipaggiare le altre tavole del mio quiver) ho deciso per l’occasione (in epoca di crisi da Coronavirus, e per sdrammatizzare un po’) di istituire nel Codice Civile la Nuova Usucapione Abbreviatissima sul Set Thruster in oggetto, che non vedrà più la via del ritorno al Sud (a meno di scorribande surfistiche).
Grazie ancora all’amico Paolo ed a buon rendere architè 🙂

Una vida ninjos
Paolo Cabrina

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